venerdì 18 settembre 2009

Internet Manifesto


Internet Manifesto

1. "Internet è diverso" Il nuovo mezzo di comunicazione è molto differente rispetto agli altri media. Chi vuol lavorare nel campo dell'informazione deve adattare i propri metodi di lavoro alla realtà tecnologica di oggi invece di ignorare e contestare il mondo multimediale. Bisogna produrre prodotti giornalisti nuovi e migliori.
2. "Internet è un impero mediatico tascabile" Grazie a internet è possibile fare dell'ottimo giornalismo anche senza immensi investimenti. Il web riorganizza le strutture esistenti dei media abbattendendo gli antichi confini che esistevano tra giornali, televisione, radio etc.
3."Internet è la nostra società e la nostra società è internet"  Wikipedia, YouTube e i social network sono diventati una parte della vita quotidiana per la maggioranza delle persone nel mondo occidentale. I mezzi di comunicazione, se intendono sopravvivere alla rivoluzione tecnologica contemporanea, devono capire i legittimi interessi dei nuovi utenti e abbracciare le loro forme di comunicazione.
4. "La libertà di internet è inviolabile" Il giornalismo del XXI secolo che comunica digitalmente deve adattarsi all' architettura aperta di Internet. Non è ammissibile che si limiti questa libertà in nome di interessi particolari commerciali o politici, spesso presentati come interessi generali. Bloccare parzialmente l'accesso a internet mette a repentaglio il libero flusso delle informazioni e il diritto fondamentale di informarsi.
5. "Internet è la vittoria dell'informazione" Per la prima volta grazie a Internet l'utente può scegliere realmente come informarsi e attraverso i motori di ricerca attingere a un patrimonio d'informazione immenso.
6. "I cambiamenti apportati da Internet migliorano il giornalismo" Grazie a internet il giornalismo può svolgere un'azione socio-educativa completamente nuova. Ciò significa presentare notizie in continuo cambiamento attraverso un processo inarrestabile. Chi vuol praticare il giornalismo deve essere stimolato da un nuovo idealismo e capire che le risorse offerte da internet sono un incredibile stimolo a migliorare.
7. "La rete richiede collegamenti" La rete è fatta di collegamenti. Chi non li usa si autoesclude dal dibattito sociale e ciò vale anche per i sitiweb dei tradizionali mezzi di comunicazione.
8. "Linkare premia, citare abbellisce" Chi fa giornalismo online deve offrire all'utente un prodotto sempre più completo. Linkare le fonti e citarle permette di conoscere direttamente e più ampiamente i temi di cui si dibatte.
9. "Internet è la nuova sede per il discorso politico" Il giornalismo del XXI secolo deve fare in modo che il dibattito politico si trasferisca sempre di più sulla rete così il pubblico potrà partecipare direttamente ai discorsi politici e dire la sua.
10. "Oggi libertà di stampa significa libertà d'opinione"  I giornalisti non devono temere che la rete possa sminuire il loro compito di selezionare le notizie e informare. La vera dicotomia che invece internet realizza è quella tra il buon e cattivo giornalismo.
11. "Sempre di più: le informazioni non sono mai troppe" Sin dall'antichità l'umanità ha capito che più informazioni si hanno più è grande la libertà. Internet è il mezzo che può più di tutti può allargare la nostra libertà.
12. "La tradizione non è un modello di business" Come dimostra già la realtà odierna è possibile fare buon giornalismo su internet e guadagnare denaro. Non bisogna ignorare lo sviluppo tecnologico solo perché secondo alcuni distruggerà le aziende giornalistiche, ma bisogna avere il coraggio di investire e ampliare la piattaforma multimediale.
13. “Il diritto d'autore diventa un dovere civico su Internet” La rete deve rispettare il diritto d'autore, ma anche il sistema del copyright deve adattarsi ai nuovi modelli di distribuzione e non chiudersi nei meccanismi di approvvigionamento del passato.
14. "Internet ha molte valute" Il modo più tradizionale di finanziare i giornali online è attraverso la pubblicità. Altri modi per finanziare i prodotti giornalistici devono esseri testati.
15. “Cio' che rimane sulla rete resta sulla rete” Il giornalismo del XXI secolo non è più qualcosa di transitorio. Grazie alla rete tutto rimane nella memoria degli archivi e dei motori di ricerca e ciò fa in modo che testi, suoni e immagini siano recuperabili e rappresentino fonti di storia contemporanea. Ciò stimola a sviluppare un livello qualitativo sempre migliore.
16. "La qualità resta la più importante delle qualità" Le richieste degli utenti sono sempre maggiori. Perché un utente resti fedele ad un particolare giornale online, quest'ultimo deve garantire qualità e soddisfare le richieste del lettore senza rinunciare ai propri principi.
17. "Tutto per tutti" Internet ha dimostrato che l'utente giornalistico del XXI secolo è esigente e nel caso di un dubbio su un articolo è pronto a studiare la fonte per essere maggiormente informato. I giornalisti del XXI secolo che il lettore cerca non sono quelli che offrono solo risposte, ma quelli che sono disposti a comunicare e a indagare.

L'originale lo trovate qui:

martedì 1 settembre 2009

Sono responsabile di quello che dico...

Sono responsabile di quello che dico... e non di quello che capisci tu!

...e come diceva Marino:
Le parole sono importanti... ma bisogna sapere soprattutto come dire le cose... e quando dirle.
Eppure, nonostante tutti gli sforzi che farai, qualcuno capirà cose che tu non hai detto.
Allora non c'è niente che tenga... manca l'armonia... e allora è meglio tacere.
Tanto... a che serve.
E aspettare che si possa ritrovare l'armonia peduta o che vada tutto a farsi fottere.

Meritocrazia... what's?

Mi sono sempre sentito dire "se una cosa la devi fare, falla per bene o non farla per niente" ed io li prendevo in parola e non facevo nulla e magari me ne andavo a giocare a pallone in piazza... ma avevo 12 anni.
Oggi c'è gente che fa la stessa cosa, ma ne ha parecchi di più di anni, mooolti di più.
Certo, quando dovevo proprio fare qualcosa, incredibilmente, mi veniva spontaneo seguire quel consiglio, come se fosse un dogma insuperabile, impressomi nel DNA da sempre, lo seguivo come fosse l'unica vera e giusta cosa da fare, ma sempre 12 anni avevo.

In effetti, oggi, da adulto o quasi, posso orgogliosamente dire che non mi sbagliavo, il pensiero era corretto perché è corretta la base su cui si fonda e cioè che tutti siamo uguali, o almeno credevo fosse cosi, ne ero in qualche modo convinto.
Oggi, dopo parecchi anni della mia vita, posso dire che il primo è un modo di dire che condivido e che porto avanti con testardaggine ed anche con un po di orgoglio. Certo, non sempre riesco a fare le cose a regola d'arte, soprattutto quando non dipendono solo ed esclusivamente da me, ma almeno di provo.
Per il secondo invece... bè... il secondo, da quando ho avuto il dono della ragione e non solo
dell'utopia, non riesco più a vederla, a sentirla, a percepirla, l’uguaglianza, e a volte mi capita anche di non ricordare quando è stata l'ultima volta che l'ho intravista e più passa il tempo più confondo il suo ricordo con il sogno di averla vista.
Debbo dire, purtroppo, che è molto più vera, invece, la frase "l'uguaglianza non esiste", che sottolinea, come dire, impercettibilmente, che l'essere uguali è solo un'utopia o peggio uno strumento di controllo, diretto a soggiogare le menti più deboli o spesso più indifese allo scopo di tenerle sotto controllo, illudendole di poter raggiungere uno stato di libertà, di giustizia sociale e morale solo se non rompono le scatole (per non dire altro) a chi il potere lo detiene veramente e che non vuole essere disturbato per queste “sciocchezzuole”.
Sveglia!!!! nessuno è pronto li, con un banchetto e striscioni colorati a darti i tuoi diritti.
Non ci pensano nemmeno, non ne hanno la "benchémminimavoglia", sono solo bravi a darti consigli per tenerti lontano dal tuo diritto di essere libero, dal tuo diritto di essere riconosciuto meritevole di essere, semplicemente di essere.
Devi andarteli a prendere da solo i tuoi diritti e spesso devi pure strapparli dalla mani di quella gente che non vuole darteli ma che vuole tenerli per se come fosse un ricatto, come si fa ai bambini piccoli: mangia e zio ti da la caramellina!
Devi strapparglieli dalle mani, da quelle mani che sembra abbiano mille dita, unte dall'olio del frutto del leccaculo, sporche delle ingiustizie morali (quando ci va di lusso) perpetrate ogni giorno.
Sia ben chiaro, non sono qui con la pretesa di insegnare qualcosa al mondo, anzi, semmai riuscissi ad imparare da questo mondo sarebbe una grande conquista.
Sono qui solo per esprimere un mio libero pensiero, quindi se voi non sarete d'accordo tanto meglio, vorrà dire che qualche altra testa libera su questo pianeta c'è ancora.
Vedete, il fatto è che a ben pensarci, non vedo perché tutti debbano avere gli stessi diritti, se escludiamo dal discorso tutti quei diritti fondamentali come la liberta o il lavoro che possiamo trovare nella costituzione, nel buon senso e nell'amore reciproco.
Io modificherei la frase in modo più, come dire, puntiglioso, e scriverei che tutti devono avere gli stessi diritti se tutti fanno la loro giusta parte, perché nulla dovrebbe essere dovuto a chi, come molti, se ne stanno beatamente, a pancia piena, a fare nulla, mentre altri si sudano le famose (ed ormai puzzolentissime) sette camicie.
Non vedo alcun motivo, logico, etico, morale (e chi più ne ha più ne metta), per dare qualcosa a qualcuno che vive alle spalle degli altri, scroccando tempo, fatiche e meriti, magari nascondendosi dietro facciate di carta pesta con su scritte come razzismo, xenofobia, classe sociale etc. etc.
Mi sforzo per vedere se qualche buon motivo ci fosse per trattare tutti alla stessa maniera, ma dopo anni di lavoro, di incontri e confronti con gente di ogni ceto sociale e di molte culture diverse
nonché di religioni diverse, dopo aver viaggiato in lungo ed in largo per il mondo, non riesco ancora a trovarne uno di buon motivo... a voi cosa viene in mente?
Sto forse sbagliando in qualcosa? E se si (probabilissimo), in cosa?
Sia ben chiaro, ovviamente sto parlando di tutti quelli che non hanno alcun impedimento fisico o mentale, di tutte quelle persone (e ne conosco parecchie, purtroppo) che fanno sentire la propria voce solo ed esclusivamente quando pretendono qualcosa... ma a questo punto non posso non chiedermi alcune cose, tipo:
dove stavano quando c'era da lavorare,
dove stavano quando c'era da sudare, da faticare,
dove stavano quando c'era da aiutare qualcuno che veramente aveva bisogno,
dove stavano quando c'era da prendersi rimproveri per un lavoro svolto male,
dove stavano quando c'era da pulire il culo al mondo, quando c'era da spalare merda per riportare alla luce la vera essenza dell'essere umano,
lo so io dove stavano... a fare i beati porci comodi loro, ecco dove stavano, a guardare gli altri faticare e magari pure a lamentarsi che non facevano bene la loro parte...
la loro parte?
la loro parte?
ma stiamo scherzando?
mi verrebbe da rispondergli: e la tua di parte? quando la farai la tua di parte?
forse se tu avessi fatto la tua di parte gli altri, facendo solo la propria parte, l'avrebbero fatta meglio, ma cosi, facendo anche la tua di parte non sono riusciti a farle tutte e due bene... ma almeno, loro, non tu, ma loro, ci hanno provato.
Mi viene il vomito poi, quando c'è da distribuire i meriti perché c'è pure il rischio (quasi certezza) di trovarseli li, in fila, davanti a noi, moooolto davanti a noi, o magari te li ritrovi a urlare che loro hanno dei diritti, ma mai, mai, li ho sentiti o visti quando c'è da fare la fila per prendersi dei doveri, delle responsabilità. Mai.
E allora dobbiamo cambiare le cose e, come dicevo all'inizio di questo utopico testo, se una cosa va fatta, allora dobbiamo farla per bene o per niente.
L'unico modo che vedo per risolvere questa faccenda è quello di continuare a fare la nostra parte, sempre e soltanto nel migliore dei modi, puntando ad una risoluzione a regola d'arte, o almeno provandoci.
Non aspettiamoci nulla da chi, secondo una non meglio definita legge del merito, dovrebbe dirci che siamo bravi, ma diciamocelo da soli, sempre in modo onesto e sincero, se riteniamo in coscienza nostra, di aver fatto tutto quello che era in nostro potere.
Facciamo sentire la nostra voce quando, ingiustamente, ci viene tolto qualche cosa o non ci viene riconosciuto, ma non facciamo come i gamberi, non torniamo indietro sui nostri passi perché qualcuno non ci ha applaudito o magari ha detto "bravissimo" a chi non lo meritava, è probabile anche che siano due persone della stessa pasta (andata a male) o che uno dei due non sappia cosa effettivamente abbia fatto l'altro.
Non dobbiamo cambiare il nostro modo di fare, equiparandolo a quello di chi, come sopra, si prende i nostri "bravo bravissimo" perché "tanto i meriti vanno sempre a chi non fa nulla"... sarebbe come dare conferma che la giustizia e l'uguaglianza sono una barzelletta.
E' la nostra opinione di noi stessi che ci deve far muovere, che ci deve spingere avanti alla ricerca della perfezione interiore, dell'esaltazione dell'intelligenza e dell'acume, della ricerca del vero per comprendere meglio la differenza con il falso.
E' la nostra opinione del mondo che deve darci modo di puntare al cielo e tendere sempre più a non regredire al livello di un'ameba o di qualsiasi altro essere privo di intelletto o spina dorsale.
Se poi decidiamo anche di credere in un dio, bè, se ci aiuta ad essere migliori ben venga, l'importante è che non diventi una scusa per restare fermi ad aspettare l'intervento divino che forse, probabile, non arriverà mai.
Io non ne ho bisogno, mi basta la mia moralità.
Che agli altri, quelli che stanno pensando solo al loro prossimo "non far nulla" possa arrivare il mio augurio, un grande in bocca al lupo, perché a loro servirà tanta ma tanta fortuna quando le cose cominceranno ad andare male, perché chi è abituato a fare, a lavorare per se stesso e per gli altri, se la caverà sempre e sempre nel migliore dei modi, saranno gli altri che non ne usciranno vivi e se ci riusciranno, bè tanto meglio per loro, vuol dire che forse, ripeto, forse, si stanno evolvendo anche loro e pace per tutti.